A Settembre di quest’anno (2024) si è tenuto il Disability Pride a Padova: una rete informale, costituita da poco, per portare questo evento a Padova e in Veneto per la prima volta. Abbiamo incontrato la sua referente, Claudia Frizzarin che si batte per creare una società inclusiva e consapevole.
Ciao! Sono Claudia Frizzarin e sono nata nel 1986, anno dell’album The Final Countdown e quando si è scoperta la Cometa di Halley. Sono una libera professionista nel campo del disability management, sono una disability manager.
Ho fondato l’associazione “Muoversi in Libertà” che ha lo scopo di sdoganare gli stereotipi e i preconcetti legati al mondo della disabilità. Cerco di promuovere una visione dove la persona è al centro e la disabilità è una sua parte, non la totalità che la definisce.
In molti ambiti. Noi forniamo cinque servizi: supporto legale, consulenza in materia di barriere architettoniche, supporto psicologico, l’organizzazione di eventi e la formazione in disability management.
Offriamo il supporto legale con l’avvocata Laura Andrao che si occupa di progetti di vita; il supporto psicologico con Arianna Elvironi, psicologa psicoterapeuta e sessuologa; del supporto all’abbattimento delle barriere architettoniche se ne occupa l’ingegnera Elena De Toni e la consulenza in Disability Management degli eventi la seguo io.
Possiamo dire che faccio da ponte tra queste figure professionali e le richieste presentate dalle persone.
Disability Manager è legato alla disabilità, Diversity Manager riguarda tutto quello che è “diversity”, quindi comunità LGBTQIA+ e questioni legate al genere.
Non esiste la figura del Disability & Diversity Manager in Italia, non è riconosciuta e non è ancora normata. Sono iscritta a Fe.D.Man, la Federazione Disability Management di Milano, che è un’associazione di categoria.
La figura del Disability Manager è nata come figura per le pubbliche amministrazioni, poi si è aperta alle aziende private.
Nel 2016 il Comune di Padova aveva l’ufficio “Informa Handicap” – dal nome orribile – che serviva proprio per fornire informazioni di base. Serve un posto che faccia da collettore alle varie possibili richieste, perché le persone non sanno a chi rivolgersi e quello che ho notato è che c’è poca comunicazione e formazione anche all’interno del comune stesso.
Essendo, quella del Disability Manager, una figura così nuova è possibile declinarla come si preferisce, per esempio io mi occupo anche del progetto di vita.
Lo sapevi che...
Il progetto di vita è un progetto individualizzato, nato dalla Legge 328 del 2000, che prevede una progettualità su misura dei desideri e dei sogni di una persona con disabilità. Se per esempio una persona con disabilità vuole vivere da sola o in comunità si forniscono a questa gli strumenti per poterlo fare. Deve essere una scelta libera. Sono convinta che tutte le persone siano in grado di autodeterminarsi, perché chiunque è in grado di far capire cosa piace e cosa non piace in qualche modo.
È un network, una rete informale, nata in Sicilia nel 2015 con il nome di “Handy Pride”. Poi a Roma nel 2018 è diventata Disability Pride.
Un network a livello internazionale che conta manifestazioni nelle più grandi città italiane (Roma, Milano, Bologna, Torino, Genova). Associazioni, attivisti e attiviste, advocacy del territorio organizzano questi eventi per dimostrare che la disabilità ha un ruolo attivo all’interno della società. Noi vogliamo dimostrare che le persone con disabilità devono far parte attivamente della società, perché hanno qualcosa da dare come chiunque.
Il tema fondamentale di tutti i Pride è l’autodeterminazione e la vita indipendente.
A Padova abbiamo deciso di declinare il Pride in due giornate, il 14 e il 15 settembre. La prima giornata è stata dedicata ai convegni e agli speech al Palazzo del Bo. La domenica mattina c’è stata la parata e il resto della giornata lo abbiamo dedicato a sport e intrattenimento in Piazza delle Erbe. Carrozzine da provare, percorsi bendati, sport paralimpici, momenti culturali e spettacoli.
Gli eventi collaterali che abbiamo organizzato sono stati: la diretta con Armanda Salvucci a luglio, per il disability pride month, e la mostra di “Sensuability” che ha inaugurato il 13 settembre, presso il Centro Culturale Altinate San Gaetano.
La prima cosa in assoluto è trovare la rete. Poi abbiamo scritto il progetto, lo abbiamo presentato al Comune di Padova l’anno scorso e la giunta erano molto interessata.
Noi davamo per scontato che ci avrebbero dato qualsiasi spazio, ma non è stato così.
Quindi abbiamo fatto un po’ di errori nell’organizzare l’evento, essendo la prima volta. Noi abbiamo costruito il progetto prima e bloccato le date poi. Quello che ho imparato per l’anno prossimo è andare prima da chi ha la possibilità di bloccarti le date e poi costruire il tutto.
Ho presentato il progetto alla direttrice dell’AULSS di Padova Sud che le è piaciuto tantissimo. A sua volta lo ha presentato alla rete di Padova Sud, che è entrata a far parte della rete informale del Disability Pride. La rete oggi conta quaranta organizzazioni.
Ho presentato il progetto al tavolo Disability Card di Padova, istituito con l’ultima elezione, per parlare di disabilità.
A questo punto, dopo aver presentato il nostro progetto e dopo aver capito chi voleva farne parte, c’è tutta la burocrazia, la ricerca degli sponsor e la comunicazione.
Ci sono state delle piccole modifiche al progetto in corso d’opera. Non è facile accontentare tutti e tutte, l’importante è ascoltare la rete e mediare.
Lo sapevi che...
Io volevo fortemente fare l’evento in centro, perché lo scopo non è farlo per i disabili, ma per chiunque. Padova non ha tantissimi luoghi accessibili, per fare gli speech non c’è grande scelta di location.
Ci era stata proposta la sala anziani del comune, a Palazzo Moroni, che è molto bella, però abbiamo un problema di accessibilità. Mi era stata proposta piazza Eremitani, ma ha i ciottoli. Avevo pensato a Prato della Valle, perché volevo portare molti più sport, come il tiro con l’arco per ciechi e anche la mongolfiera accessibile, ma non era fattibile. Piazza delle Erbe è stato un compromesso rischioso, perché è molto bella come location, ma accessibile all’89%. Tutta Padova è così.
Per organizzare gli speech abbiamo chiesto aiuto all’università. Abbiamo considerato il partenariato con la facoltà di Scienze Politiche che è riuscita a darci l’unica aula a Palazzo del Bo accessibile, l’aula Nievo. Aula che, comunque, non è proprio accessibilissima, perché manca il bagno. A proposito di bagni, abbiamo dovuto ordinare i bagni chimici accessibili per i disabili.
Ho ingaggiato interpreti Lis, ma non ho avuto la possibilità di avere i sottotitoli, perché non era possibile installare uno schermo, oltre ad essere molto costoso. Abbiamo trovato anche l’ambulanza con operatori e operatrici che conoscono la Lis e questo servizio effettivamente costa tanto. Costa anche la SIAE e l’occupazione del suolo pubblico.
Essendo il primo Disability Pride dovevamo capire anche noi come fare. Abbiamo cercato di risparmiare dato che il primo preventivo era di 35.000 euro.
Lo sponsor maggiore è stata la Fondazione Cariparo. Poi abbiamo avuto un sacco di aziende che ci hanno sostenuto, come centri di fisioterapia e ortopedie. La Decathlon, che ha un reparto di sport paralimpico, ci ha fornito tutto il merchandising.
Le persone esterne all’organizzazione. Dall’interno io immagino l’iniziativa come una cosa importante e che ha rilevanza, però non avevo la percezione di come le altre persone la vedessero.
Una donna mi ha incontrata mentre entravo in un negozio e mi ha fermata. Mi ha chiesto: tu sei Claudia? Claudia del Disability Pride? Mi ha abbracciata.
Ho pensato che allora è reale! Lì ho avuto la percezione che è un’iniziativa importante, non solo per me. Questa è una soddisfazione. Non i politici che mi dicono brava, quello lo dicono a priori, ma le persone che mi salutano, mi fermano e mi ringraziano.
Progetto curatoriale di Eleonora Reffo e Maddalena Sbrissa
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