Con questa intervista sbarchiamo nella dimensione complessa della CAA. Caterina Minardi, laureata in linguistica e specializzata in scienza del linguaggio, ci aiuta a fare chiarezza su ciò che abbiamo scoperto essere un approccio che va ben oltre il simbolo.
Sono Caterina Minardi, laureata in linguistica e specializzata in scienza del linguaggio, ho iniziato la mia carriera lavorativa come traduttrice. Per diversi anni ho tradotto manuali, prima di conoscere l’associazione Fare Leggere Tutti, per la quale attualmente lavoro. L’associazione si occupa di portare la lettura a chiunque, specialmente all’infanzia e all’adolescenza, io seguo i progetti di lettura accessibile per bambini e bambine con necessità specifiche a livello linguistico e cognitivo.
Tutto ciò che aiuta a comunicare il proprio pensiero, oltre il linguaggio verbale, è considerato sistema di CAA. Al suo interno ci sono i simboli e tutto quello che non comprende il non verbale.
Nel tempo ci si è focalizzate sui simboli, ma nella CAA non ci sono solo quelli. Infatti, si parla di CAA non come un metodo, ma come un approccio. Consiste proprio in una visione della comunicazione e ne usufruiscono bambini e bambine, ma anche persone adulte.
I pittogrammi sono sicuramente il metodo più conosciuto e più usato, ma ci sono infinite modalità di traduzione. Si utilizzano gesti (in questo caso non segni), ma c’è chi si serve anche in piccola parte della lingua dei segni, per esempio segnando solo i sostantivi. Un’altra modalità di comunicazione è l’espressione corporea, esistono modalità codificate per dire sì e no, per esempio chiudendo gli occhi o muovendo un po’ il capo. C’è un’ampia modalità che prevede l’utilizzo di ausili tecnologici.
Esistono dei dizionari e una parola in CAA può essere rappresentata in molti modi a seconda del dizionario che utilizzo.
In italia i dizionari più utilizzati sono tre: il PCS (Picture Communication Symbols), sistema storico nato in America, i simboli sono sviluppati da aziende di comunicazione aumentativa e sono a pagamento; i simboli ARASAAC che sono a diffusione gratuita; i simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) sono nati nel Regno Unito e distribuiti in tutto il mondo.
No, il simbolo casa, per esempio, rimane uguale in qualsiasi lingua, cambia solo la traduzione della parola scritta che accompagna il simbolo. Nel sistema WLS si può declinare il colore della pelle delle persone rappresentate nei simboli.
A seconda del sistema simbolico utilizzato può cambiare leggermente la rappresentazione della parola, per esempio più stilizzata o meno, a seconda dell’argomento. Ci sono i simboli trasparenti, cioè il più possibile simili alla rappresentazione e altri simboli leggermenti più astratti. Ci sono i simboli opachi, cioè legati a classi più funzionali di pronomi e aggettivi. L’idea è fornire il concetto e lavorare a livello di significato.
Certo, l’Italia è tra i pochi paesi con una fiorente editoria in simboli!
Il Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello da anni si occupa di studiare come i libri in simboli possano aiutare nello sviluppo linguistico. Non solo vedere delle immagini, ma essere esposti a un testo, con tutte le parti che compongono una frase, aiuta nello sviluppo del linguaggio e a descrivere un proprio pensiero.
Spesso si dice che gli inbook sono i libri in simboli, ma non è così.
Gli inbook sono un modello specifico di libro in simboli, contrassegnati da un bollino in copertina, e tradotti seguendo delle regole specifiche fornite dal Centro studi inbook. Per esempio i libri inbook richiedono una certa quantità di testo e l’utilizzo di simboli opachi.
L’associazione, con sede a Faenza, proponeva inizialmente progetti di divulgazione della lettura, soprattutto dei classici, attraverso diverse forme comunicative, rivolti a chiunque.
Quando la presidente Rosanna Pasi ha scelto di aprire le porte al mondo della disabilità i progetti sono fioriti. Nel 2016 è iniziato, infatti, un nuovo filone dell’associazione rivolto a bambini e bambine con necessità comunicative e la collaborazione con un editore con il quale pubblicare una collana di libri per l’infanzia in simboli.
Altri progetti collaterali sono l’aiuto compiti per bambini e bambine con necessità comunicative e lo sportello di comunicazione aumentativa aperto a insegnanti e genitori.
Prima c’era stata la collaborazione con l’editore per la collana di libri in simboli, poi è nato il progetto “Città in CAA”. Questo progetto ha l’obiettivo di portare all’interno della comunità e dei luoghi pubblici i supporti comunicativi, affinché le persone che ne hanno necessità, come persone che parlano altre lingue, anziane o con disabilità, possano avere un aiuto attraverso pittogrammi e segni grafici per l’espressione e la comprensione.
Un progetto tanto bello quanto faticoso. È faticoso avviarlo, convincere persone ed enti dell’importanza e dell’utilità a partecipare al progetto, anche quando è gratuito.
La partecipazione al progetto consiste nel coinvolgere i luoghi di vita pubblica, dal Comune agli esercenti della zona, dove le persone giovani passano il tempo libero, per inserire dei supporti che aiutino a capire cosa succede in quel posto.
Supporti che, per esempio, aiutino a capire le regole da seguire nella piscina pubblica, o come prepararsi per andare a pagare alla cassa al supermercato, oppure dei supporti che aiutino a esprimersi e quindi chiedere il gusto del gelato che si desidera dal gelataio o dire alla panettiera quello che si desidera.
Sono delle tabelle con dei pittogrammi che vengono progettate insieme agli esercenti, in quanto loro conoscono le esigenze e le procedure della propria attività. Le tabelle vengono poi realizzate all’interno dell’associazione da chi sa utilizzare la scrittura in simboli e che conosce le buone pratiche di comunicazione accessibile.
Una volta realizzate le tavole, queste vengono proposte all’interno del negozio e messe a disposizione. Come anticipavo, la parte un po’ più complessa è questa, perché si mette in dubbio l’utilità e la frequenza di utilizzo dei supporti. Anche se la persona con disabilità entrasse in quel negozio una sola volta all’anno, fatto improbabile, vedere questi supporti potrebbe incoraggiare a tornare più spesso.
“Città in CAA” è un progetto iniziato nel 2018, sono passati diversi anni, ma siamo ancora in fase di sperimentazione, perché al contempo stiamo portando avanti una raccolta dati. Nel 2019 abbiamo diffuso un questionario online rivolto all’utenza e, alla fine di ogni progetto, chiediamo agli e alle esercenti coinvolte com’è andata: se pensano che i supporti siano utili, se li hanno utilizzati o se hanno riscontrato qualche problema con i materiali.
Progetto curatoriale di Eleonora Reffo e Maddalena Sbrissa
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