“Credo nel superamento dell’inclusione in quanto processo che mantiene dinamiche di potere sbilanciate e discriminatorie, e nella necessità di creare una cultura della convivenza delle differenze che esistono, e sono sempre esistite, all’interno di quella illusione chiamata normalità”. (dalla sezione 'Chi sono' del blog).
L’inclusione è anche una questione di classe.
Lo è perché l’esclusione si basa sul privilegio, sul privare alcune persone di diritti garantiti invece ad altre. Parlare di inclusione da un punto di vista individuale e identitario è importante, è una parte necessaria del cammino verso una società aperta alla convivenza delle differenze che ci caratterizzano, alla diversità intesa come naturale variabilità di tratti, all’unicità di ciascuna persona.
Ma non dobbiamo dimenticare che questa è appunto solo una parte del processo. Perché una vera convivenza basata sul rapporto paritario tra le singole identità e individualità, fondata sulla reciprocità, non è raggiungibile se non si comprende che ogni identità è il risultato dell’interazione con le altre. Bisogna far convergere questi due aspetti, quello identitario e quello collettivo, anche quello dell’esclusione di classe, perché altrimenti mancheremo il bersaglio e paradossalmente faremo il gioco del sistema neoliberista che ha messo un prezzo all’inclusione, che ha mercificato i diritti di tutte e tutti rendendoli privilegi riservati a pochi.
(l’articolo continua sul suo blog)
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